Gli alberi a Pordenone
Non tutti gli alberi si accontentano di fare gli alberi. Prendete i platani, sono convinti di avere l'appalto della vigilanza stradale e guai ai malcapitati che tentano di uscire dalla carreggiata: li aspettano sul bordo fermi come macigni e li arrestano senza neanche fare verbale. Sarà per il portamento impettito o per la chioma a lacrima che i cipressi si atteggiano a chierichetti, fatto sta che si sono accaparrati il monopolio dell'ultimo saluto e non c'è verso per altri concorrenti. L'ulivo, si sa, oltre a vantare virtù culinarie, è un albero intellettuale; si è dato alla politica e la sua immagine campeggia nelle insegne di chi compete per la guida del Paese. Il leccio, invece, è un albero che fa solo l'albero, non ha ambizioni extravegetali. Preferisce vivere nei boschi e nei campi, lontano da polvere e chiasso, ma, se lo piantano in città, attecchisce e cresce anche lì. Pretende solo di fare il suo mestiere di sempreverde con polmoni di quercia. Spandere ombra, fare il cambio di foglie e bacche quando gli va, mettere radici senza impacci. È quello che fanno i lecci del quartiere San Giuliano da cinquant'anni ed è quello che continuerebbero a fare volentieri per altri cinquanta. Sennonchè si sono accorti di dare fastidio, loro, i lecci, un po' a tutti: a chi ha alzato le recinzioni e i muri che soffocano le chiome in alto e a chi ha posato i marciapiedi che li comprimono sotto; si sentono in colpa quando leggono che le loro radici hanno spaccato non solo il selciato, ma anche i banchi dell'assemblea dove si governa la città. Così hanno preso una decisione. Niente manfrine ecologiste, patetici di dibattiti sull'ambiente, comitati pro-giardinaggio, soprattutto niente strumentalizzazioni politiche. Sono dignitosi loro, i lecci, e vogliono stare alla larga da quelle beghe. Quindi, bando alle chiacchiere, alle terapie di mantenimento dei sani e al ricovero in discarica dei malati. Salute o non salute, se non possono fare quello per cui sono nati, un taglio netto e amen. Questo chiedono tutti i lecci di San Giuliano, compresi gli otto che, proprio in queste ore, sono scossi dai brividi delle motoseghe. E un'altra cosa. Che le loro spoglie, se possibile, vengano disperse lì accanto, nella giungla cresciuta attorno al Noncello. Non si sa mai, nell'altra vita.
( di Giorgio Coden liberamente tratto da Il Gazzettino 1 febbraio 2008)
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1 commento:
Quella dei platani come pericolosi per gli automobilisti che ci vanno a sbattere mi è sempre sembrato molto più che comico...
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